Monday, October 16, 2006

Economia locale

Tra gli elementi interessanti di questa cultura c'è il concetto che si ha dei beni e dell'economia.
Questo concetto dipende, credo, dal concetto di famiglia allargata. Quando un paziente in studio mi dice "questo è mio fratello" molto spesso si tratta di un cugino o di un parente anche più lontano o semplicemente di qualcuno del villaggio. A volte, se indago e si tratta magari proprio di un fratello di sangue, finiscono per dirmi "stessa madre, stesso padre". Ma in genere questa precisazione non è richiesta. Cosi' succede che se uno guadagna bene, ha un posto di rilievo, sostiene tutta la grande famiglia. In questo senso il concetto di risparmio è un po' diverso che da noi. Si puo' dire che la "banca" è la comunità (la famiglia allargata o il clan). Infatti i beni che ci sono vengono condivisi, ma in futuro se saro' io ad avere bisogno la mia "assicurazione" saranno gli altri. Interessante no? Immaginate un mondo senza frigorifero... sarebbe un po' cosi': non si mette da parte!
E' un po' semplificato, ma funziona più o meno in questo modo.
Bello, ma non bisogna credere pero' che non ci siano aspetti negativi come il rischio di un certo fatalismo, di accetare il mondo com'è senza tentare di cambiarlo, di migliorare.
Ma certo abbiamo qualcosa da imparare.

A volte penso a cosa faccio/facciamo qui.
Di fronte a tanta povertà ti accorgi che mettere mano al portafoglio, ammesso che sia pieno, non serve a molto. Lo facciamo, in situazioni che conosciamo e che possiamo seguire.
Forse ha più senso rendere un servizio duraturo a un prezzo ragionevole: si chiede un ticket minimo per visita e cure, il che tra il resto è più dignitoso per chi riceve.
Investire la mia capacità di lavoro (e di guadagno) accettando di ricevere un salario ridicolo per l'Europa, ma che qui mi permette di vivere e rendere cosi' sostenibile una attività che altrimenti non lo sarebbe. Forse anche per questo arriva spesso aiuto in medicinali, da singoli o organizzazioni (anche locali).
E sarà cosi' almeno finchè la situazione del paese, traumatizzato dalla guerra, non si riprende.

Ma, credetemi, non c'è niente di eroico o di speciale: si tratta solo di vivere in ambiente senza chiudere gli occhi.

Friday, October 06, 2006

Poverà sanità!

Sto seguendo da alcuni mesi mesi la vicenda di un ragazzo ivoriano, che conosco bene: Romeo. Ha 17 anni, vivace, intelligente. Ma un po' di tempo aveva un dolore fisso alle coste. Ad un certo punto, specie quando ho potuto fargli fare una lastra (non si immagina come sia difficile) ho capito che la cosa era seria e il giorno dopo era già ad Abidjan (500 chilometri a sud) con una lettera di presentazione per i medici di li'. Purtroppo il ragazzo è stato poi sballotato in diverse strutture e sopratutto ha atteso. Quando abbiamo spinto perchè facesse la TAC la cosa è stata chiara... ma anche allora i tempi si sono allungati prima che avessimo una diagnosi certa e ha ancora atteso fino alla chemio che inizierà lunedi'. E cio' malgrado che ci fossi io a chiamare sovente i colleghi da Man, la mia infermiera che è restata a Abidjan col ragazzo per oltre 2 settimane e avessimo buoni contatti sul posto!

Cosa pensare? Non so. Non manca la competenza e, in larga misura nemmeno i mezzi e la tecnologia medica. E' un sistema, ove paghi il letto in ospedale e devi mandare un parente a comprare in farmacia tutto il materiale (farmaci, siringhe, guanti) altrimenti non riceverai nemmeno l'aspirina per la febbre e tanto meno gli antibiotici. Dove non sei, in genere accompaganto, ma lasciato solo. Dove credo soprattutto non si ha il coraggio di andare contro la corrente e seguire con coscienza il malato, chiunque esso sia, dotato o no di ampi mezzi economici.
Occorrono certo buoni medici (e qui tanti vanno a lavorare all'estero), ma credo soprattutto servono degli "uomini nuovi" capaci di creare una sanità che ruota attorno al malato e lo consideri, scusate il termine, sacro.

Detto questo: auguri Romeo, siamo con te a credere e a lottare!