Una scommessa
Come promesso (anche se con « tempi africani ») vi parlo stavolta di telemedicina e di progetti connessi.
Ma andiamo per ordine.
Qui c’era la guerra e la ONG “Medici senza Frontiere” aveva riabilitato e fatto funzionare l’ospedale di Man (che serviva tutta la regione).
Correva l’anno 2004 e tra il personale straniero vi erano anche un medico e un’infermiera italiani, parecchio sensibili ai problemi della gente (Mirco e Raffaella).
Prima di rientrare in Italia si erano accorti del bisogno di cultura e d’aggiornamento che il personale locale aveva.
Detto fatto, avevano attrezzato un piccolo ambiente a biblioteca con un po’ di libri.
Dall’Italia avevano poi inviato tre PC e pagato uno stipendio al bibliotecario.
La cosa però, anche se non era morta, languiva…
Ad un certo punto, qui al nostro centro, ci avevano chiesto di preparare un progetto sull’utilizzo dell’informatica e delle telecomunicazioni per lo sviluppo: interessava la nostra situazione di ripresa dopo la guerra. In particolare ESA (Agenzia Spaziale Europea) voleva dimostrare che l’uso del satellite dava una chance in più rispetto ad altri interventi.
Insomma abbiamo pensato (con Mirco e Raffaella e altri amici a Roma) ad un progetto su due fronti: quello più sanitario all’ospedale, l’altro più educativo-culturale da noi.
Non vi racconto i 2 anni di lavoro, trattative, sogni…
Ora qualcosa già si vede: la biblioteca dell’ospedale con la vecchia sala adibita alla custodia dei libri (ormai 700) e un’altra molto più grande che contiene i tavoli per la consultazione e 10 PC nuovi in rete collegati ad internet.
Da noi (al centro dei Focolari), da qualche giorno è attiva un’altra sala informatica con 6 PC.
Aspettiamo, tra 2-3 mesi, l’istallazione di una parabola che finalmente ci darà (via satellite) un collegamento veloce.
Quali le idee?
Fare delle formazioni a distanza (in campo medico, ma non solo), scambi culturali tra giovani di paesi o continenti diversi (con la tele-conferenza), la ricerca di informazioni mediche grazie alla possibilità di accedere a 4000 riviste specializzate, la telemedicina (o consulto a distanza, con interpretazione di lastre, elettrocardiogrammi e altro ancora).
E chissà… se in futuro questa tecnologia non potesse veicolare corsi universitari da Abidjan o da altri atenei nel mondo!
Sogniamo?
Forse! Ma ad occhi aperti perché le cose, ormai, si stanno davvero realizzando.
Certo che parlando in Italia di questo progetto ho trovato raramente una vera comprensione; quando parlo del dispensario allora sì che tutti capiscono, ma il satellite? in Africa?
La verità è che in Europa siamo abituati a pensare all’Africa in modo stereotipato: o i leoni o i rifugiati! Ma l’Africa è anche una società che tenta di evolvere, che studia e si specializza, che cerca di produrre, anche se le trappole della corruzione e della guerra, nelle quali cade, ne ostacolano spesso lo sviluppo.
E’ proprio per creare, con la gente del posto, un’alternativa che un progetto così ha senso: non è l’ennesimo piatto di minestra che portiamo e che quando ce ne andiamo scompare con noi. E’ una possibilità di crescere, di svilupparsi.
Una scommessa, insomma!
Ma andiamo per ordine.
Qui c’era la guerra e la ONG “Medici senza Frontiere” aveva riabilitato e fatto funzionare l’ospedale di Man (che serviva tutta la regione).
Correva l’anno 2004 e tra il personale straniero vi erano anche un medico e un’infermiera italiani, parecchio sensibili ai problemi della gente (Mirco e Raffaella).
Prima di rientrare in Italia si erano accorti del bisogno di cultura e d’aggiornamento che il personale locale aveva.
Detto fatto, avevano attrezzato un piccolo ambiente a biblioteca con un po’ di libri.
Dall’Italia avevano poi inviato tre PC e pagato uno stipendio al bibliotecario.
La cosa però, anche se non era morta, languiva…
Ad un certo punto, qui al nostro centro, ci avevano chiesto di preparare un progetto sull’utilizzo dell’informatica e delle telecomunicazioni per lo sviluppo: interessava la nostra situazione di ripresa dopo la guerra. In particolare ESA (Agenzia Spaziale Europea) voleva dimostrare che l’uso del satellite dava una chance in più rispetto ad altri interventi.
Insomma abbiamo pensato (con Mirco e Raffaella e altri amici a Roma) ad un progetto su due fronti: quello più sanitario all’ospedale, l’altro più educativo-culturale da noi.
Non vi racconto i 2 anni di lavoro, trattative, sogni…
Ora qualcosa già si vede: la biblioteca dell’ospedale con la vecchia sala adibita alla custodia dei libri (ormai 700) e un’altra molto più grande che contiene i tavoli per la consultazione e 10 PC nuovi in rete collegati ad internet.
Da noi (al centro dei Focolari), da qualche giorno è attiva un’altra sala informatica con 6 PC.
Aspettiamo, tra 2-3 mesi, l’istallazione di una parabola che finalmente ci darà (via satellite) un collegamento veloce.
Quali le idee?
Fare delle formazioni a distanza (in campo medico, ma non solo), scambi culturali tra giovani di paesi o continenti diversi (con la tele-conferenza), la ricerca di informazioni mediche grazie alla possibilità di accedere a 4000 riviste specializzate, la telemedicina (o consulto a distanza, con interpretazione di lastre, elettrocardiogrammi e altro ancora).
E chissà… se in futuro questa tecnologia non potesse veicolare corsi universitari da Abidjan o da altri atenei nel mondo!
Sogniamo?
Forse! Ma ad occhi aperti perché le cose, ormai, si stanno davvero realizzando.
Certo che parlando in Italia di questo progetto ho trovato raramente una vera comprensione; quando parlo del dispensario allora sì che tutti capiscono, ma il satellite? in Africa?
La verità è che in Europa siamo abituati a pensare all’Africa in modo stereotipato: o i leoni o i rifugiati! Ma l’Africa è anche una società che tenta di evolvere, che studia e si specializza, che cerca di produrre, anche se le trappole della corruzione e della guerra, nelle quali cade, ne ostacolano spesso lo sviluppo.
E’ proprio per creare, con la gente del posto, un’alternativa che un progetto così ha senso: non è l’ennesimo piatto di minestra che portiamo e che quando ce ne andiamo scompare con noi. E’ una possibilità di crescere, di svilupparsi.
Una scommessa, insomma!
8 Comments:
ciao carlo, incredibile...ho ingrandito la foto per godere meglio....sono contenta co voi e per voi! e per noi! fatima
Ciao Carlo! Bentornato in rete.
Mi sembra una bellissima scommessa.
Nonostante cibo e medicine siano importantissime ovviamente, questa iniziativa da' una speranza in un futuro migliore, in cui non si debba dover sempre dipendere dalla generosita' di benefattori lontani.
La dignita' di poter contare sulle proprie forze.
Una bella scommessa davvero.
In bocca al lupo.
Grazie Carlo per questo post. So che costa trovare il tempo ma per noi è tutto prezioso quello che racconti.
Che bello altre persone che come me hanno cambiato vita. Io sono in Sudafrica e anche se mi occupo di turismo cerco nel mio piccolo di aiutare in qualche modo le comunita' locali.
Ciao auguri per tutto!
antonella
Ciao Carlo,
sono contentissima di ritrovarti
con queste stepitose notizie!
Quanto la passione e il cuore
può fare!
Siamo con te ... non più a distanza!
Marica
Ciao carlo...la scommessa è forte...ma è la più vera..fare crescere l'Africa con le proprie energie e talenti da aiutare a fare sviluppare...non è un sogno...Giorgia
Grazie Carlo per queste belle parole e perchè porti fiducia e speranza in una terra che ne ha tanto bisogno! Buon 2009 di cuore a te e alla Cote d'Ivoire.. con la speranza che porti tante belle notizie.. a presto.. Anna
molto intiresno, grazie
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